Jonathan Plummer, per ben due anni beve circa 10 litri di acqua al giorno. Durante i primi controlli, secondo i medici era un effetto collaterale del diabete. In questo modo Jonathan, inglese di 41 anni dopo svariate visite fatte con alcuni specialisti e numerosi test senza esito, ha scoperto di avere una malattia molto più grave.
A distanza di circa 20 anni, l’uomo ha deciso di rilasciare la sua testimonianza spiegando quanto accaduto e come, quello che sembrava un semplice diabete, era in realtà molto di più. Ecco le sue affermazioni che, stanno facendo il giro del mondo.
Beve 10 litri d’acqua al giorno convinto sia diabete ma è un tumore al cervello: la storia di Jonathan

La testimonianza di Plummer ha lasciato migliaia di utenti social senza parole. Nessuno infatti, avrebbe mai pensato che quel malessere nascondeva molto di più.
È stato proprio Jonathan ad affermare: “Avevo una sete costante che non riuscivo a placare. È stato un periodo terribile che mi ha fatto perdere diversi giorni di lavoro, inoltre ho sperimentato un’estrema stanchezza”.
L’uomo originario del Falmouth, dopo aver fatto la tragica scoperta al cervello grazie ad un esame specialistico presso il Derriford Hospital, tramite una risonanza magnetica ha scoperto di avere una grande massa tumorale: “Non avrei mai immaginato che la causa fosse un tumore al cervello. Per non parlare del fatto che è stato notato durante un esame della vista. Ero devastato”.
Dopo circa trenta cicli di radioterapia e terapia steroidea, Jonathan è riuscito a vincere la battaglia contro il cancro. Nonostante questo, per tutta la vita dovrà assumere dei medicinali, ma questo non gli impedirà di sentirsi vivo.
Mel Tiley, il responsabile dell’ente Brain Tumour Research West, ha detto: “Siamo grati a Jonathan per aver condiviso la sua storia ed è meraviglioso sapere come ha trovato positività dopo quella terribile diagnosi. La sua storia ci ricorda che i tumori cerebrali sono indiscriminati. Possono colpire chiunque a qualsiasi età. Siamo determinati a cambiare questa situazione, ma è solo lavorando insieme che saremo in grado di migliorare le opzioni terapeutiche per i pazienti e, in definitiva, trovare una cura”.