Covid a Natale. Il numero di nuovi positivi al coronavirus resta elevato in Italia. Ieri si è sfondato quota 443mila contagi attuali. Ma ci sono alcuni indicatori che potrebbero far pensare che il virus stia rallentando: l’aumento pare infatti più contenuto ‘giorno su giorno’ rispetto a una o due settimane fa.
E’ presto per poter fare delle valutazioni. In genere il picco si raggiunge dopo 60-70 giorni e questa ondata è presumibilmente partita a metà settembre. E’ necessario quindi dover attendere almeno altre due settimane per capire se la curva sia in discesa o meno. Due settimane per vedere anche gli effetti del nuovo DPCM emanato ieri dal Premier Conte e che entrerà in vigore domani dividendo l’Italia in 3 zone di rischio.
Giovanni Rezza, direttore generale Prevenzione del ministero della Salute ha precisato che “il numero di positivi sul numero di tamponi supera il 10%”. Quindi il tasso di positività è ancora piuttosto elevato e questo è un segnale non del tutto positivo. Ma in quasi tutte le aree del Paese ancora non si registra una vera e propria criticità, perché il numero di posti in terapia intensiva è aumentato rispetto alla fase 1″ dell’emergenza”.
Covid a Natale: cosa ci aspetta?
Come ribadito in precedenza a metà novembre potremmo avere un quadro più chiaro della situazione e fare un analisi più attendibile su come staremo a Natale. Se l’ondata continuasse a seguire l’andamento prevedibile, potrebbe durare fino a Natale, procedendo verso una progressiva diminuzione dei casi.
Ieri il Premier Conte in conferenza ha detto: “Se arriviamo al Natale con un certo margine di serenità, anche la fiducia nei consumi non sarà depressa e potremo vedere un certo margine di ripresa. Non sto pensando a un Natale con veglioni e abbracci. Dobbiamo sempre rispettare le regole”.
Ma quando potrebbe finire invece l’emergenza nel mondo? Diversi virologi di fama mondiale sono concordi sul fatto che molto probabilmente si dovrà vivere con il virus almeno per tutto il 2021. Tra fine anno e inizio del prossimo potrebbero arrivare le prime dosi di vaccino e di cure a base di anticorpi monoclonali. Ma ci sarà bisogno di uno sforzo immane da un punto di vista produttivo e logistico per la distribuzione a tutta la popolazione mondiale. Un operazione che di certo non potrà essere fatta nel giro di qualche settimana.