I giorni di buio di una mamma: quali sono? Nel momento in cui diventiamo mamme, abbiamo ricevuto un dono immenso.
Abbiamo dato la vita a nostra figlia o nostro figlio, ma comincia un periodo diverso per noi. Si apre una nuova vita, e a quest’ultima dovremo dedicarci.
Così, non è sempre facile riprendere i nostri ritmi e talvolta può arrivare la depressione post partum a non darci tregua.
Il testo riportato di seguito, di Ceraunavodka, ci ha molto colpito. Per questo motivo, abbiamo deciso di condividerlo con voi.
Il 13 aprile di quattro anni fa è nato mio figlio Pietro. I successivi mesi, per me, sono stati mesi di buio.
Ho avuto un parto che la gente del mestiere definirebbe “facile”.
Dopo appena due giorni ero a casa di mia madre perché, già lo sapevo, non volevo stare in una città che non era la mia, lontana dalla donne della mia famiglia.
Non ho mai pensato davvero, nemmeno per un momento, che nell’attimo in cui avrei visto mio figlio per la prima volta, me ne sarei innamorata così follemente da dimenticarmi di tutto il resto. E così, infatti, non è stato. Sapevo che sarebbe stata dura. È stata durissima. Una mamma ha tanti giorni di buio.
L’inizio
E oggi, dopo quattro anni di amore e sofferenza, so che sarebbe stato ugualmente difficilissimo anche se questo figlio lo avessi desiderato e voluto fortemente.
Lo so perché ci sono passata, ma anche perché ho ascoltato tanti racconti di donne che sono diventate madri per scelta, ma non per questo hanno sofferto meno di me. Perché?
Perché esci di casa che sei solo una figlia e rientri a casa che sei madre, ma che cosa fa una madre tu non lo sai mica. Ne hai solo sentito parlare.
Hai solo sentito sentenze sul giusto e sbagliato, su quello che è bene e quello che è male. Tutti ti hanno detto, sottolineandolo più volte, che cosa si aspettano da te ora.
Te l’ha detto l’ostetrica del corso pre-parto, te l’ha detto la tua amica che ancora non è madre, te l’ha detto il tuo compagno, la ginecologa e pure il panettiere sotto casa.
“Ormai sei una mamma” ti dicono, come se quella frase racchiudesse tutte le risposte. E invece tu, al tuo ritorno a casa, ti senti stretta da una morsa di terrore puro.
Hai paura di muoverti, hai paura di abbracciarlo quel bambino, tuo figlio sì, un bambino troppo piccolo per capire come toccarlo senza pensare di fargli male. Hai paura di respirare, di piangere, di ridere troppo forte. Del latte che c’è. O del latte che non c’è.
I timori di una mamma
Ma soprattutto c’è una cosa che ti fa paura più di tutte le altre e quella cosa è restare da sola con lui, con tuo figlio. E preghi e supplichi e piangi perché chi ti sta accanto non ti lasci sola.
Nemmeno per un attimo.
Perché hai sonno, perché sei stanca. Perché sai che da ora in poi non sarai più tu a decidere il come e il quando, tipo quando fare pipì, in che posizione dormire, quanto tempo dedicare alla tua igiene quotidiana.
Torni a casa e semplicemente succede. Succede che tu hai ancora qualche doloretto. Che la notte non si dorme più. Che il latte non arriva e inizi a temere che tuo figlio morirà di fame. Che il latte arriva e anche la febbre alta e i dolori lancinanti.
Che tu non hai più tempo di farti una doccia. Che tu, a pensarci bene, non hai più tempo per fare nulla che non sia allattare e cambiare pannolini. Che tuo figlio lo senti ancora come un estraneo, ma questo non si può dire a nessuno.
Che se prima eri felice di restare sola in casa, ora il pensiero ti terrorizza. Che arrivano le coliche e tuo figlio inizia a piangere e smetterà dopo due mesi.
Cambiamenti di una mamma
Che ti specchi e i chili che pensavi avresti perduto col parto sono ancora tutti lì e ti rendono molto diversa da come ti ricordavi. Che ti ritrovi a piangere di continuo e a pensare che non ce la farai.
Tutto questo succede e, solitamente, succede troppo in fretta. E poi succede che accettare questo senso di soffocamento, capire che è fisiologico, accettare di odiare, sì di odiare anche prima di amarla, la maternità è un vero e proprio shock.
Qualcosa difficile da ammettere prima, da accettare poi. Qualcosa che si tende a nascondere piuttosto che affrontare. Qualcosa di cui non si parla e che resta nascosta in un angolino, ma che non se ne va.
Qualcosa che non è possibile che mi stia capitando, quando intorno a me ci sono solo mamme felici e innamorate dei propri figli. Ecco a me è capitato.
Ho vissuto mesi di buio, duranti i quali non sentivo nulla, nessun emozione eccetto quel senso di soffocamento che a volte, raramente, ancora oggi sento. Soffocamento e stanchezza. Mesi in cui mi sono mossa come un automa, senza sentire.
Depressione post partum
Mesi che, per quanto mi sforzi, non ricordo affatto. Mesi in cui sapevo che per farcela dovevo solo stringere i denti e sopravvivere.
È stata depressione post-partum? Non lo so. Sono stati mesi duri, difficili, che per me fanno parte della maternità.
Nello stesso modo in cui ne fanno parte gli abbracci, i sorrisi, le manine appiccicose che mi accarezzano la mattina, le parole storpiate e tenerissime e quegli occhi che ti guardano con una passione che prima non conoscevo.
Non so se è stata depressione, so che quei mesi di buio sono normali, o quasi, che vanno affrontati, guardati in faccia e che appartengono a tante, davvero tante, madri. Ora lo so. Una mamma e i suoi giorni di buio.