Grazie dottore, il post di un medico che è diventato virale. La storia che vi stiamo per raccontare è davvero struggente e commovente, a testimonianza del rapporto che si crea tra il paziente e il dottore.
Spesso, si sentono molte storie: come sono i dottori con i pazienti? Come si comportano? Sono freddi? Ed è giusto che sia così? Forse, un minimo di distacco professionale è la norma, ma non è il caso di questa storia.
Il medico che ha postato la storia abita in Sardegna e lavora all’ospedale Sirai di Carbonia: la storia ha fatto il giro dell’Italia e del mondo intero, per il messaggio profondo che trasmette.
Il dottor Marco Deplano ha ammesso in seguito che non avrebbe mai creduto possibile di raggiungere un tale livello di popolarità. Dopotutto, ciò che il dottor Deplano ha riportato è solo la verità. Una storia tra le tante che vive ogni giorno per la sua professione.
L’altra grande protagonista di questa storia è una signora, purtroppo affetta da tumore terminale: la donna ha dato una grande lezione di vita al dottore.Siamo sicuri che, leggendola, anche voi potrete imparare qualcosa. Il valore della vita.
La storia che ha commosso il web: grazie dottore
Di seguito, riportiamo il post del dottore.
Oggi mi chiamano per una consulenza in un altro reparto. Una delle solite e molteplici consulenze della giornata… ordinaria amministrazione. Mi ritrovo con una paziente che ha un tumore in fase terminale. Aveva un’insufficienza renale da compressione degli ureteri.
È molto pallida in faccia: ha i capelli rossi come una carota, due dita di ricrescita. Ma lo smalto alle unghie è impeccabile, di colore rosa.
«Buongiorno, signora».
«Buongiorno a lei, dottore».
Vedo la cartella, la visito e ripeto l’ecografia.
I suoi reni sono in evidente difficoltà. Glielo comunico. Dovrà fare pipì in un sacchetto.
«Scusi se la interrompo, dottore… avrò un’altra sacchetta anche dietro?»
Le rispondo di sì e il silenzio dopo era assordante.
«Scusi, dottore, come si chiama?»
«Deplano», rispondo.
«Marco».
Mi dice che ho un bel nome e se ho due minuti da dedicarle. Rispondo di sì, ci mancherebbe.
«Lo sai che io sono già morta, Marco?»
«Scusi, non credo di avere capito.»
Il post del dottore
«Sì… sono morta 15 anni fa. 15 anni fa mio figlio è venuto a mancare. Aveva 33 anni e ha avuto un infarto. Io sono morta quel giorno, lo sai?
Io dovevo morire con lui 15 anni fa, dovevo morire 10 anni fa quando mi hanno trovato la malattia. Ora non devo più fingere.
I miei figli, gli altri, in vita, sono sistemati. I nipoti anche. Io voglio tornare con lui. Non voglio vivere più con questi sacchetti, facendo penare i miei cari. Ho una dignità.
Ti offendi se non voglio un sacchetto? Voglio affidarmi nelle mani di Dio.
Soffrirò, dottore?»
«No, signora, lei può fare quello che vuole, ma mettendo l’altro sacchetto…»
«Non voglio. La vita è mia. Sospendi la trasfusione, voglio tornare a casa da mia nipote e mangiare un bel gelato insieme».
Ogni parola mi ha spogliato, come quando si tolgono i petali da una rosa. Ho dimenticato tutto, rabbia, angoscia, stanchezza.
Ho dimenticato anni di studio, libri di medicina, pagine studiate.
La signora mi ha chiesto un bacio. Come una mamma, una nonna. Non so come finirà la sua storia, ma le auguro un buon viaggio.
Oggi ho capito molto.
Oggi ho capito la Vita.
Grazie dottore.