Tutto ciò che ci accade, non è mai per caso.. e tutte le storie che viviamo ci insegnano qualcosa.
Purtroppo a volte la lezione che ci impartisce la vita è dura e capiamo troppo tardi quello che avevamo e noi abbiamo saputo apprezzare
-Un giorno, tornai a casa, portando la cena a mia moglie, le presi la mano e le dissi: “Voglio il divorzio”. Lei non sembrò per niente turbata e mi chiese solo il perché. La mia risposta fu evasiva e fu allora che si adirò. Mi guardò diritto negli occhi, scaraventò il piatto sul pavimento e poi disse: “Non sei un vero uomo!”.
Andammo a dormire senza rivolgerci più la parola. Cosa avrei potuto dirle che il fallimento del nostro matrimonio dipendeva solo esclusivamente perché non amavo più lei, ma un’altra donna? Non potevo dirle che amavo Jane, molto più di lei, purtroppo non provavo più attrazione, non provavo più amore, ma era sempre la madre di mio figlio e non volevo darle un ulteriore dolore !
Mi sentivo in colpa, dopotutto lei era stata una buona moglie ed era una buona madre, ma non provavo più nulla! Tutto ormai era routine, senza emozioni, senza slanci, senza quella scintilla che faceva accendere la passione.
Fu per questo che decisi che le avrei lasciato la casa, l’auto, che avrei provveduto a tutte le spese e al mantenimento. Non avevo mai voluto che lavorasse, volevo che crescesse nostro figlio con serenità e lei aveva rinunciato alla sua carriera per amore della famiglia e anche mio.
Il giorno che le diedi i documenti da firmare lei senza dire una parola li strappò. Ero irritato, avevo fatto del mio meglio per tutelarla e per farle capire che volevo riparare al dolore che le avevo provocato. Non capivo qualsiasi altra moglie avrebbe forse litigato per avere di più, invece lei disprezzava tutto quello che le davo.
La guardavo come si guarda una estranea, mi dispiaceva che lei avesse investito tempo, sforzi e risorse nel nostro matrimonio, ma non potevo rimangiarmi quello che avevo detto o quello che sentivo.
All’improvviso la sua calma si trasformò in pianto, forse aveva finalmente capito che la nostra storia non poteva avere un futuro, forse avrebbe finalmente accettato quello che adesso le offrivo.
Per il resto del giorno non mi rivolse la parola e la sera si mise a dormire senza nemmeno guardarmi, come se non ci fossi….ma tutta la notte la sentii muoversi nel letto……la mattina la lascii che dormiva.
Quando la sera tornai, lei era seduta al tavolo a scrivere e per la prima volta in dieci anni, non aveva preparato la cena….non dissi nulla, mi rigirai e andai a letto.
Il giorno dopo fu lei che mi comunicò i i suoi termini per il divorzio: non voleva nulla da me, ma mi chiese di trascorrere il mese successivo vicino a lei, come se niente fosse successo. Il motivo: nostro figlio aveva degli esami importanti proprio in quel periodo e non voleva caricarlo del peso della nostra separazione.
Mi chiese anche di pensare al giorno del nostro matrimonio, quando l’avevo portata sulla soglia della nostra casa tra le mie braccia e fino alla camera da letto. Da quel giorno e per un mese avrei invece dovuto portarla in braccio fuori dalla nostra camera. Pensai che fosse una richiesta folle, ma per amore di mio figlio e perchè sapevo che dopotutto era solo per un mese accettai……non capivo, ma accettai…il pensiero che dopo un mese avrei potuto coronare il mio sogno d’amore con Jane.mi diede la forza di accettare quella ridicola richiesta.
Il primo giorno eravamo tutti e due piuttosto goffi, ma nostro figlio applaudì, canticchiando: “Papà porta mamma in braccio!”. E le sue parole liberarono del dolore in me. La portai dalla camera da letto, fino alla sala da pranzo e fino alla porta d’ingresso. Lei chiuse gli occhi e disse a bassa voce: “Non dire nulla a nostro figlio del divorzio”. Annuì e la feci scendere.
Il secondo giorno, andò meglio. Lei si poggiò sul mio petto e io sentii il profumo della sua maglietta. Mi accorsi che era tanto che non guardavo mia moglie, il suo viso con le rughe, i capelli che piano piano diventavano bianchi. Il nostro matrimonio aveva lasciato dei segni. E per un momento mi chiesi cosa le avessi fatto.
Quando la presi in braccio il terzo giorno mi parve che fosse tornata un po’ di intimità tra noi: questa era la donna che mi aveva regalato 10 anni della sua vita. Il quarto e il quinto giorno questa vicinanza crebbe. E con l’avvicinarsi della fine del mese, portarla in braccio si rivelò ogni giorno più semplice, e mi accorsi all’improvviso che lei stava diventando più magra.
Attribui la sua magrezza, il suo pallore e la sua inappetenza a tutto quello che stavo vivendo non era semplice per lei vedere che tutte le sue certezze si erano sgretolate in una sera.
Un giorno il pensiero che lei avesse tanto dolore e amarezza nei miei confronti mi attraversò e, senza pensare, le accarezzai i capelli. In quel momento nostro figlio entrò e disse: “Papà, è tempo di prendere mamma”: era diventato un rituale del mattino per lui, mia moglie lo prese e lo avvicinò al petto. Mi girai dall’altra parte, avevo paura che qualcosa cambiasse. La presi tra le mie braccia e lei mi mise le mani intorno al collo, la strinsi forte, proprio come il giorno del nostro matrimonio.
L’ultimo giorno, quando provai a prenderla non ressi più. Sapevo quello che dovevo fare. Guidai fino all’appartamento di Jane, salii in fretta le scale e le dissi: “Mi dispiace, ma non voglio lasciare mia moglie”.
All’improvviso mi era tutto chiaro: avevo portato mia moglie all’altare, promettendole che ci sarei stato “finché morte non ci separi”. Tornando a casa, le presi dei fiori e quando il fioraio mi chiese cosa scrivere sul bigliettino, sorridendo gli dissi: “Ti prenderò tra le braccia ogni giorno, fino a che morte non ci separi”.
Con i fiori in mano e un sorriso enorme in viso, tornai a casa. Ma mia moglie era morta nel sonno mentre ero via. Scoprii in seguito che aveva combattuto il cancro negli ultimi mesi ma io ero così preoccupato per Jane che non mi ero accorto di nulla. Lei sapeva che sarebbe morta presto e non voleva che la storia del divorzio rovinasse il rapporto tra me e mio figlio. Ai suoi occhi, ero il papà più romantico del mondo. E così la portai per l’ultima volta sulla soglia di casa…