Paolo Simoncelli. La tragedia di Jason Dupasquier, giovane pilota 19enne morto in pista al Mugello, ha scosso l’intero mondo dei motori. Ancora una volta si è richiamati a riflettere sulla pericolosità di questo sport, molto spesso teatro di tragedie. Di sicuro quando Paolo Simoncelli dopo aver visto le terribili immagini del Mugello ha trattenuto il fiato e il cuore è iniziato a battere forte.
È stato come azionare il rewind, fare un viaggio indietro nel tempo a quel maledetto giorno in cui suo figlio, Marco, perse la vita in Malesia nella carambola di moto che lo travolsero e poi ritrovarsi catapultato nel presente.
Repubblica lo ha intervistato: “Sono stato male – ha raccontato Simoncelli. Pensavo e ripensavo al trauma cerebrale che aveva subito Jason. Se fosse sopravvissuto, nella migliore delle ipotesi sarebbe rimasto attaccato a una macchina. Fino a ieri mi credevo fortunato, perché il mio Marco era morto subito. Ma quando ho visto la carezza di un mio caro amico al figlio sulla sedia a rotelle dopo un incidente in motocross avrei voluto che anche il mio Marco fosse finito così. Sarebbe stato ancora con me”.
Paolo Simoncelli e il ricordo di suo figlio Marco
Sono passati quasi 10 anni dal terribile giorni di Sepang quando Marco Simoncelli perse la vita in pista durante la gara di Moto Gp. 10 anni che non bastano per dimenticare quel terribile giorno perché il ricordo di Marco resterà vivo per sempre.
“Quando perdi un figlio in pista quei luoghi, dove magari hai trascorso tutta la tua vita, di colpo cessano di esistere – ha aggiunto Simoncelli -. E puoi esserne certo che non ti importa nulla di tutto il resto. Ti ritrovi in un altro mondo. Nulla, nemmeno del minuto di silenzio che può sembrare un omaggio o un segno di rispetto. Anzi, io lo eliminerei. È una cosa angosciosa, insopportabile. Soprattutto se dopo accendi i motori” – ha concluso riferendosi al fatto che il giorno dopo la morte di Jason Dupasquier si è effettuato un minuto di silenzio in suo ricordo e poco dopo si è saliti in sella pronti a gareggiare come nulla fosse successo.
Perché “the show must go on”, il dio denaro passa troppo spesso in primo piano dinnanzi a simili tragedie. E non importa se la maggior parte dei piloti hanno poi ammesso che non era il caso di gareggiare.