Il part time involontario ha coinvolto negli ultimi anni moltissime persone, in prevalenza donne, che hanno dovuto accettare un lavoro con orario e stipendio dimezzati. Nel 2008, si parlava di 1,3 milioni di persone; dieci anni dopo, nel 2018, il totale è diventato di 2,8 milioni di persone.
Le statistiche sul part time sono state riportate da Adnkronos, che ha deciso di elaborare gli ultimi dati Istat. L’occupazione full time è in diminuzione: i motivi sono molteplici, a partire proprio dal dover accettare obbligatoriamente un orario dimezzato.
Sembra che questa problematica affligga maggiormente le donne. Molti si sono visti costretti ad accettare simili condizioni di lavoro, sebbene non ne avessero l’intenzione, pur di non rinunciare a portare qualche soldo a casa.
In soli dieci anni, dunque, abbiamo assistito a un cambiamento in negativo nel mondo del lavoro. Il part time è ormai un impiego molto comune: tuttavia, in tanti affermano di avere cercato un lavoro full time senza esiti positivi.
Part time involontario: cos’è?
Di recente, è intervenuta a spiegare la definizione di questo termine Linda Laura Sabbadini alla testata Sole 24 Ore. “Possiamo definire questo lavoro una scelta di conciliazione. Le aziende hanno deciso di incrementare i posti di lavoro part time per contrastare gli effetti della crisi.”
Prendendo ad esempio la statistica, possiamo subito renderci conto che gli uomini che lavorano part time sono solo una fetta: 31%. Il restante, il 69%, riguarda le donne. Molte di loro hanno accettato questi lavori perché comunque volevano lavorare: è una scelta involontaria, dettata dalle esigenze del momento.
A questo punto, è importante capire come il mondo del lavoro si stia evolvendo, ma non in meglio. Perché le aziende continuano a fare contratti del genere, senza riflettere sulle conseguenze future.
Sarebbe un bene, dunque, cercare di trovare una soluzione il prima possibile, onde evitare che, tra dieci anni, il dato di crescita part time involontario sia ancora maggiore.